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La nostra storia

Che cos’è una vetrina, la vetrina di un negozio? Secondo me è un luogo e, se è fatta bene, se sta lì da abbastanza tempo, se dopo quel tempo riesce ancora a stupire diventa una parte della città che la ospita. Il commercio al dettaglio, di questo si parla e, di un negozio che commercia da quarant’anni: Robe di Casa

Nasce dalla giovane commessa di una rivendita di elettrodomestici che il titolare decide di vendere. “E io cosa faccio?” si chiede lei, che ha 30 anni, che è incinta e che si chiama Gigliola Savio. Si risponde rilevando l’attività per trasformala in qualcosa di nuovo. Qualcosa d’altro. Elettrocasa, che dopo pochi anni diventa Robe di Casa, negozio di “giocattoli per adulti”, tanto che uno dei primi allestimenti è fatto con mattoncini lego giganti.

Con Gigliola c’è anche Maurizio, che era capostazione e che è suo marito. Quello che ne esce è una specie di navicella spaziale atterrata nel Largo dei Pecile di una città che non stava (e per tanti versi non sta) nel dizionario sotto i sinonimi di “avanguardia”. E infatti la gente lo percepisce come un qualcosa di strano.

Strano continua, fieramente, ad esserlo negli anni ‘90, quando le grafiche sono quelle di Montanari. E funziona, così bene che nel 2002 si trasferisce nello spazio attuale. Il passaggio del millennio è una borsa con un grande cuore, che dopo l’11 settembre aggiunge la scritta “Robe di Pace” inaugurando quella vera e propria Cultura del pacchetto che dà qualcosa in più agli oggetti acquistati, e che dura ancora oggi.

È un percorso, condiviso con gli architetti Viola e Sello, fatto di qualità e sostenibilità. Traccia un solco che prosegue con chi era nella pancia e ora è dietro al banco, cioè Jacopo, che apporta la sua idea da purista dell’hi-tech: si tiene poco, solo quello che ha senso.

Senso del bello. Senso dell’utile. Senso della ricerca di prodotto. Senso del continuare ad aggiornarsi in Italia e all’estero, visitare fiere e musei. Senso di vendere non solo gli oggetti scelti, ma la loro storia. Si, vendere Storie.

Gigliola, con Maurizio, lo fa da quarant’anni. Che è l’età di Jacopo. Che ha avuto una bambina che si chiama Ada. Quest’anno ci sarà un nuovo corner di oggetti di qualità per i più piccoli: Robe di Ada. C’è proprio una storia dietro un posto come Robe di Casa, ed entrarci è un qualcosa di molto diverso dal comprare un oggetto visto in foto, mettendo le tot cifre della carta di credito, le tot stelline di punteggio, le tot scatole anonime nel bidone. Un anno la carta dei pacchi di Robe di Casa portava la stampa della mappa di Udine come se fosse la metropolitana di Londra; mi capita ancora di vederne pezzi incorniciati e appesi nelle case.

Credo che il punto sia più o meno questo qui. Ci si chiede che senso ha vendere un prodotto in un luogo fisico, oggi. Forse ci si dovrebbe rispondere che quel senso sta tutto in quello che vogliamo sia la nostra esperienza nei posti che abitiamo, nelle relazioni che teniamo, nella storia personale e collettiva che ciascuno si scrive dentro. Ci sono luoghi che questa storia la scrivono col cuore; frequentarli, anzi viverli è anche questa una questione di cuore. Ogni vetrina che guardiamo giorno dopo giorno con interesse o soprappensiero, per valutazione scrupolosa o sognando qualcosa di troppo costoso e lasciando un’imbarazzante O di condensa perché avevamo la bocca troppo aperta e troppo vicina al vetro. Tutto questo è parte di una storia che è quella di tutti, continuiamo a scriverla, compriamo locale.